The Dark Pictures Anthology: Little Hope

By on on Recensioni, 6 More
close [x]

The Dark Pictures Anthology: Little Hope

Dopo l’interessante e godibilissimo Man of Medan è finalmente uscito, con un po’ di ritardo invero, Little Hope. Abbandonata l’ambientazione navale, il nuovo capitolo della Dark Pictures Anthology sbarca in una piccola cittadina americana dal passato assi turbolento.

Non c’è riposo per le anime perdute durante una virulenta caccia alle streghe a quanto pare!

Al rogo!

Little Hope si apre con uno schianto, letteralmente. Il giocatore (o i giocatori se giochiamo in gruppo, il modo assolutamente consigliato e più divertente per affrontare questo titolo) è al comando di un gruppo di cinque persone sopravvissute ad un in incidente che ha coinvolto il pullman su cui stavano viaggiando. C’è Andrew, ragazzo sensibile e che tenta di mantenere la pace nel gruppo. John, il professore universitario con un passato da alcolista. Angela, l’attempata studentessa scassamaroni.

Daniel, il giocatore di football ottimista. Per finire c’è Taylor, spirito anticonformista e sicura di sé. A turno impersoneremo ciascuno di questi personaggi mentre cercheremo di capire cosa ha causato l’incidente, dove sia finito l’autista e, specialmente, perché una strana nebbia penetrante impedisce loro di allontanarsi dalla cittadina di Little Hope. Durante l’avventura avremo modo di vivere in prima persona eventi accaduti in diverse epoche: il 2020, il 1972 e il 1692. Una lunga storia di terrore, di presenze soprannaturali, di fanatismo religioso e di vite spezzate. L’ossessione per la caccia alle streghe pare non fosse limitata solo a Salem…

Una storia a bivi

Come Man of Medan, anche Little Hope segue la struttura della storia a bivio. In base alle nostre scelte e alla nostra abilità di superare certi QTE, potremo far evolvere la trama in una direzione piuttosto che un’altra. Saremo sballottati in giro per la cittadina dall’impellente bisogno di fuggire dalle visioni disturbate, dai personaggi bizzarri e dal un senso di malessere diffuso. Come se l’aria fosse velenosa. Come se ci fosse qualcosa che non va in noi e nei nostri compagni di sventura.

La storia in sé è carina, pesca a mani basse da un cupo capitolo della storia americana che è stato foriero non solo di una marea di inutili sofferenze ma anche di parecchie opere letterarie e cinematografiche. Perché non c’è nulla di più americano del lucrare su storie tragiche avvenute in passato. Comunque, critica sociale a parte, abbiamo avuto il sentimento che la storia di questo Little Hope fosse meno coerente e efficace rispetto a Man of Medan. Situazioni poco logiche, poca profondità nei personaggi, salti talvolta un po’ poco giustificati e alcune battute che ci hanno lasciato perplessi. La debolezza di Little Hope non è né tecnica né del cast ma è proprio la sceneggiatura che fa un po’ acqua. In più è anche piuttosto prevedibile. Ok, pure Man of Medan lo era ma questo lo è di più secondo noi. Man of Medan faceva tanto affidamento sui jump scare mentre Little Hope tenta di imbastire un senso di irrequietezza e paura costante riuscendoci solo in parte però. Dovremmo essere terrorizzati nello scoprire la cittadina ma questa sensazione è presente solo a tratti.

Un passo avanti, un passo indietro

Fortunatamente ci sono punti in cui Little Hope fa nettamente meglio del suo predecessore. I famigerati QTE sono meno punitivi, anche se sbagliarne un paio di fila significa generalmente la morte di uno dei protagonisti. Sì, perché la struttura narrativa di Little Hope, come al solito nelle produzioni di Supermassive Games, tiene conto della morte di uno o più personaggi. Nella nostra partita, con quattro giocatori che controllavano a turno i cinque protagonisti, siamo riusciti a farne morire per errore ben tre! Non solo scelte sbagliate ma anche semplicemente il reagire in ritardo o premendo un paio di tasti errati potrebbe chiudere la nostra partecipazione alla serata. Il che non sarebbe un problema se non fosse che a tratti ci ritroveremo a decidere il fato di due personaggi allo stesso tempo, rischiando di escludere dalla partita anche un altro giocatore innocente (la qual cosa potrebbe creare un pochino di tensione tra voi e i vostri amici…).

A dire il vero tutti questi “problemi” non sono affatto gravi e contribuiscono a far salire la tensione della partita, perché saremo consapevoli che molto dipende non solo dalle nostre decisioni ma anche dalla nostra abilità. L’unico, vero, problema è lo squilibrio. Il giocatore uno finirà per giocare tantissimo nella prima parte del gioco, tanto a lungo in effetti che ho passato il pad agli altri per farli giocare al posto mio perché, dopo un po’ stavano perdendo interesse. La stessa critica l’avevamo fatta a Man of Medan ma qua ci pare che lo squilibrio sia pure più accentuato.

Nebbiosho

Little Hope tecnicamente è, come sempre, assai riuscito. L’utilizzo delle fattezze e della recitazione di persone vere, Will Poulter è tra i protagonisti, è garanzia di qualità. Le animazioni facciali sono molto convincenti anche se siamo ancora un pochino all’interno della uncanny valley, visto che faccia, collo e corpo sembrano ancora un po’ slegati, c’è sempre qualcosina che non va in come i personaggi appaiono a schermo. Niente di grave perché la presentazione è comunque ottima. Abbiamo giocato su PS4 Pro, non notando alcun problema… a parte quando il gioco è crashato ben 2 volte in una serata e quando, inspiegabilmente, alcune battute erano in inglese invece che in italiano. Little Hope soffre chiaramente di una mancanza piuttosto severa di QA, specialmente per le battute nella lingua sbagliata. Nulla che impedisca ai giocatori di terminare la partita o di godere del gioco ma diamine, per qualche ora ore di gioco, è abbastanza scandaloso. Buono il doppiaggio, buona la musica, sopra la media il sound design. Generalmente Supermassive oramai padroneggia bene la sua tecnologia e ottiene ciò che vuole dall’hardware sia graficamente che a livello di gameplay.

Insomma, Little Hope tutto sommato ci sta. Ci è piaciuto meno di Man of Medan ma rimane da giocarsi se avete amato il primo e state aspettando il terzo (del quale c’è un teaser dopo i crediti finali del gioco!). Forse meno interessante se giocato da solo, va apprezzato con un gruppo di amici (massimo 5 giocatori) che si passano il gamepad durante una serata un po’ diversa dal solito. Noi ci abbiamo giocato la sera di Halloween ed è stata la perfetta attività paurosa.

The Good

  • Nuovi QTE
  • Perfetto per una serata tra amici
  • Tecnicamente molto valido

The Bad

  • Bug e freeze
  • Storia più debole di Man of Medan
4.75

Written by: Dave

Editor in Chief di Joypad, lo trovate anche sui social @MrPipistro

No comments yet.

Leave Your Reply

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.

JOYPAD

Joypad è il sito indipendente di videogiochi, tecnologia e film per la Svizzera italiana.

Il sito nasce quale tentativo di informare i giocatori della Svizzera italiana nel modo più completo possibile riguardo ai media videoludici, cercando di contestualizzare l’informazione per gli ascoltatori di questa regione spesso dimenticata dalle grande aziende mondiali. Dalla metà del 2013 si occupa anche di film con la rubrica Joypad Movies.

SGN Logo

Altri membri di SCN:
games.ch
the(G)net.ch