Nella nostra industria esiste un detto (coniato da noi, in questo preciso momento): Se Nintendo chiama, tu rispondi. Ed è quello che abbiamo fatto questa settimana quando la casa giapponese ci ha proposto di andare fino nella lontana Francoforte per dare uno sguardo in anteprima Labo, l’ultima novità in arrivo per Switch. Un’idea che poteva solamente essere partorita dalle brillanti menti che lavorano per Nintendo e che, ogni volta, riesce a far parlare parecchio di sé annunciando bizzarrie e facendo scommesse che, di solito vince.
Fragile carta velina?
Il nostro viaggio alla scoperta di Labo inizia con uno dei modelli più semplici: la “macchinina”. Dal momento che l’assemblaggio di alcuni kit, in particolar modo del robot, possono richiedere molto tempo, è sembrata la scelta più logica. Il primo impatto con le forme di cartone di Labo era la cosa che più mi incuriosiva: sarà robusto? Sarà facile da piegare? Le forme di Labo sono pre-tagliate e per estrare i singoli pezzi basta una leggera pressione sulla forma completa. Ogni pezzo si stacca facilmente e senza rovinarsi. Per mantenere una certa robustezza le varie forme che otteniamo non sono mai troppo piccole da risultare fragili. Tuttavia il cartoncino che compone la macchinina non è molto spesso e nemmeno un mostro di robustezza. Non si romperà se lo trattiamo bene ma tra le mani di un bambino sovraeccitato non c’è nessuna garanzia! Diversa la storia per altri kit, come il robot o la canna da pesca. Nintendo ha fortunatamente pensato di rendere molto più spesse e robuste le parti soggette a stress prolungati. In particolare il mulinello della canna da pesca e le maniglie del robot sono composte da più strati di cartone robusto e, dove necessario, completati da inserti in plastica in modo da eliminare il rischio di rotture immediate. Ed in effetti nonostante i kit che abbiamo visto fossero stati usati in modo parecchio intensivo durante tutto l’evento, non abbiamo notato nessun segno di cedimento o rottura. Rimaniamo un po’ dubbiosi sulla effettiva durata di vita dei vari kit di Labo e tuttavia anche in parte rassicurati. Tutto dipenderà da come e quanto useremo i vari giochi e modelli.
Assemblaggio richiesto
Il processo di assemblaggio di Labo è documentato con cura su Switch. Selezioniamo il modello da costruire e saremo guidati passo dopo passo nella realizzazione. Spiegazioni chiare e semplici, animazioni e perfino la possibilità di ruotare un modello 3D del cartoncino grazie al touch screen o ad un joy-con rendono il processo semplice da seguire anche per i più giovani. Tutta la fase di costruzione va a toccare le stesse corde di un assemblaggio Lego: vedere i pezzi incastrarsi piano piano per svelare una costruzione finita. La differenza è che, rispetto ai Lego, completare un modello Labo è solo l’inizio del divertimento. Per prima cosa siamo caldamente invitati a personalizzare le nostre creazioni con colori, auto collanti e ammennicoli vari. Cose che non troviamo nella scatola di Labo ma che dovremo procurarci in qualche cartoleria. Nel nostro caso, un pennarello, un paio di occhi auto collanti e dello scotch colorato ci hanno permesso di creare un super cattivo elefante da corsa! La personalizzazione può spingersi molto avanti e il limite praticamente è solo la fantasia del costruttore. Sfortunatamente non abbiamo avuto il tempo di assemblare e decorare altri modelli ma il processo è sempre il medesimo, solo con step in più. In particolare assemblare la casetta e il robot pare richieda molto tempo, specialmente nel secondo caso. D’altro canto, metà del divertimento è proprio questa fase quindi non ci sentiamo di definirlo uno svantaggio, anzi. Esattamente come per i mattoncini Lego, si entra in una dimensione da lavoretto manuale che difficilmente vediamo in un altro prodotto videoludico, anzi, che non abbiamo mai visto in un prodotto videoludico. Nintendo da questo punto di vista ha decisamente innovato, prendendo ancora una volta una direzione decisamente inaspettata.
Casetta, motoretta e cannetta!
… da PESCA, che andate a pensare? I kit introduttivi di Labo sono due: il robot e il multikit che contiene diversi modelli: la macchinina, la canna da pesca, la casetta, la moto e il pianoforte. Abbiamo provato tutto quanto, anche se per breve tempo.
Iniziamo subito dal robot, il kit che ha maggiormente catturato l’attenzione dei fan. La costruzione, mi è stato detto, è lunga e laboriosa e il funzionamento interno è piuttosto complesso. Composto da diversi pezzi che vanno attaccati a mani e piedi, oltre che una sorta di caschetto da mettere in testa, è tecnicamente impressionante. Una volta indossato tutti i pezzi, possibilmente con l’aiuto di qualcuno, ci rendiamo conto della versatilità di Labo e, per estensione, dei sensori di Switch. Il gioco in sé non è particolarmente entusiasmante: semplicemente dobbiamo andare in giro per una piccola cittadina per seminare distruzione. Possiamo prendere a pugni i palazzi, saltarci sopra oppure sparargli contro. Le modalità di gioco sono diverse: camminare, volare o trasformarsi in un veicolo. Quello che è sicuramente impressionante è il come ci muoviamo: Alzare e abbassare le gambe ci fa camminare, per svoltare basta inclinare la testa a destra e sinistra. Per volare bisogna puntare le braccia verso il basso e per trasformarsi in auto bisogna accovacciarsi. La riproduzione dei movimenti in gioco è sorprendentemente accurata, più della prima generazione dell’oramai defunto Kinect per Xbox 360. I pezzi di cartone più sollecitati (mani, giunzioni) sono spessi e robusti. Ad inizio partita qualche timore di rompere il kit c’è stato ma le rassicurazioni da parte dello staff si sono dimostrate veritiere. Non c’è mai stato davvero il timore di rompere il kit. Peccato che più di un gioco avessimo tra le mani un’esperienza che, ne siamo sicuri, finirà per annoiare rapidamente allo stato attuale delle cose.
Molto più interessante, a nostro modesto avviso, il multikit. Prima di tutto perché l’offerta è più variata e secondariamente perché, a differenza del robot, ci è sembrato più divertente e longevo. La macchinina, che si avvale della vibrazione dei due joycon per muoversi, è quella che ci è stata mostrata per prima. Su una superfice liscia, come ad esempio un tavolo, il sistema funziona bene e ben presto abbiamo osservato con divertimento il nostro elefante arrabbiato zampettare per il tavolo. Ci sono anche diverse modalità di movimento: manuale, automatico o lotta. In modalità automatica abbiamo il controllo dei due joycon, di cui possiamo anche variare la frequenza di vibrazione per cambiare la velocità e il tipo di movimento. In modalità automatica la macchinina si muove da sola, cercando una fonte di luce (come ad esempio lo schermo acceso di uno smartphone). Grazie alla telecamera infrarossa di uno dei due controller, il sistema è effettivamente in grado di tracciare con una certa accuratezza la posizione della sorgente da inseguire. La telecamera può anche essere usata per guidare la macchinina al buio, grazie ad uno stream video (a bassissima risoluzione e refresh rate) che troviamo sullo schermo di Switch. La modalità combattimento invece permette di sfidare un amico a far cadere la sua macchinina.
Nel multikit troviamo poi anche la casetta, che ci permette di controllare l’ambiente di una sorta di esserino tipo Tamagotchi. Inserendo le tre manopole (un pulsante, una manovella e una valvola) nei tre buchi della casa otterremo diversi effetti. Sperimentare con le diverse combinazioni di interruttori permette di sbloccare diversi tipi di mini giochi.
La moto è il gioco che abbiamo trovato più divertente in assoluto. Con lo schermo inserito in un supporto e i due joycon inseriti nel manubrio, semplicemente funziona molto bene. Per gasare bisogna ruotare la manopola destra della moto e ci sono perfino dei tasti per frenare (messo come in una moto vera) e un pulsantino per accendere il motore e il clacson. Finalmente muoversi a destra e sinistra per curvare ha un reale senso in un gioco di guida perché, per curvare, non bisogna solo ruotare il volante ma anche inclinarsi come si fa su una vera motocicletta. La precisione con cui il kit moto traduce i nostri movimenti in movimenti di gioco ci ha davvero sorpreso in positivo.
Per quanto riguarda il pianoforte, è un’applicazione semplicemente deliziosa e che non vediamo l’ora di poter assemblare in prima persona. Ogni tasto è funzionante e ci sono controlli per cambiare il pitch degli strumenti (che spaziano dal piano a versi di gattini). È anche possibile registrare delle composizioni (a quattro tracce!) e, cosa assolutamente inattesa, fare una scansione di elementi esterni.
Sfruttando il sistema delle punch card (caduto in disuso da 40 anni in ambito computer!) possiamo sia inserire dei ritmi che delle vere e proprie forme d’onda. Abbiamo provato inserendo un cartoncino ritagliato in modo da mostrare una sinusoide e, in brevissimo tempo, avevamo quella nota riprodotta dalla Switch. Stessa cosa per la punch card che vedete qui sotto, in poco tempo avevamo una base ritmica basata sul pattern inciso sul cartoncino. Tecnicamente, uno spettacolo.
Il gioco della pesca è tecnicamente meno impressionante ma di sicuro divertente. Un filo di stoffa passa dalla canna da pesca alla base che regge lo schermo della console ma in realtà la vera interazione si fa attraverso il mulinello di carta in cui è inserito un joycon. In questo caso, più che il gioco, abbiamo apprezzato il fatto che il mulinello ci è sembrato davvero robusto. Prima di lasciare l’evento siamo tornati a dare uno sguardo alle varie stazioni di gioco e anche dopo un giorno di uso davvero intenso non abbiamo notato difetti o rotture.
Scripting, che passione
Il Garage Joycon è la ciliegina sulla torta. Una volta sperimentato ogni combinazione e ogni attività proposta di base, l’appeal di Labo potrebbe sparire. Per questo Nintendo ha optato per inserire un completo sistema di scripting chiamato Garage. Grazie ad un sistema che funziona a blocchi (un po’ come il sistema di scripting dell’Unreal Engine) possiamo definire regole ed interazioni. Ad esempio possiamo porre la condizione: SE il joycon 1 destro E il joycon 2 sinistro stanno ruotando ALLORA fai vibrare il joycon 1 destro e il joycon 2 sinistro. Oppure, se la telecamera del joycon 1 incontra una sorgente luminosa, accendi lo schermo della console. Il limite è la fantasia perché il sistema di scripting visuale può diventare anche piuttosto complesso, dal momento che permette un buon numero di interazioni diverse utilizzando sia elementi prefabbricati (i kit di labo) che azioni più basilari. Unite ad un po’ di sana algebra booleana (coi vari AND, OR eccetera) è davvero possibile creare le interazioni più variate. Un sistema che, a nostro avviso, è forse troppo complesso per dei bambini ma che farà la felicità di molti smanettoni più grandi. Specialmente perché l’utilizzo del Garage non è limitato ai soli pezzi di Labo ma anche in effetti a qualsiasi altro materiale che abbiamo in casa. Siamo sicuri che, poco dopo il lancio dei kit, vedremo proliferare online diversi script e applicazioni pratiche dei sensori di Switch.
Qualche perplessità
Nintendo Labo sulla carta (capito? Sulla CARTA! Ahahahha!) ha tutte le carte in regola per stregarci. Dalla sua ha il fascino delle costruzioni (sufficienti alla Lego per crearci un’azienda di successo sopra), la versatilità e l’originalità. Tuttavia non possiamo che interrogarci sulla durabilità dei kit. Nessun problema se ad usare i vari giochi è un adulto o un adolescente. È piuttosto ovvio che, sebbene di buona fattura, siamo comunque in presenza di pezzi di cartoncino piegato. E il cartoncino alla lunga si rompe anche se lo trattiamo bene. Per quanto riguarda i più piccoli invece, le cose sono diverse. Ai bambini piace costruire e distruggere. I vari pezzi sono costruiti in modo piuttosto preciso ed è piuttosto chiaro che rompere una linguetta o fratturare un punto di piegamento rischia di impedire il buon funzionamento del kit. L’assemblaggio andrà allora fatto assieme ad un adulto e non potrà essere fatto dai bimbi da soli, altrimenti potrebbe servire un nuovo kit.
Per concludere, le poche ore passate in compagnia di Labo ci hanno divertito. Le perplessità dell’annuncio ci sono ancora (durabilità, longevità) ma in qualche modo mitigate da un’ottima messa in pratica. Il Garage è sicuramente la cosa più interessante di tutto il pacchetto. Staremo a vedere come reagirà il mercato e, ovviamente, non mancheremo di recensire i kit appena possibile.