Feci, urina, vomito, sputo, sperma, pus, secrezioni vaginali, lacrime, sudore, sangue, muco, mestruazioni. Helen (Carla Juri), una giovane ragazza sperimenta il mondo attraverso i propri fluidi corporei e quelli dei suoi famigliari, amici e partner. Ossessionata dal comprendere come ogni parte del suo corpo risponde a stimoli esterni, e cresciuta in un ambiente famigliare sterilizzato e abusivo, Helen racconta la sua storia attraverso flashback, sogni, incubi, che si confondono con la realtà e la vita di tutti i giorni. Essendo una ragazza molto schietta e diretta, Helen ama raccontare a chiunque incontra dettagli intimi del suo copro: Che glielo abbiano chiesto o meno è irrilevante. Dopo essersi ferita gravemente all’ano depilandosi (e soffrendo di emorroidi) viene ricoverata all’ospedale, dove il suo viaggio di auto-esplorazione continua ad intensificarsi.
Scritto e diretto da David Wnendt il film, basato sul libro omonimo di Charlotte Roche, non ha una vera storia o struttura riconoscibile. Si tratta di una serie di episodi o aneddoti montati tra di loro in modo disconnesso e volutamente caotico. Bravissima la ticinese Carla Juri nel suo ruolo da protagonista, purtroppo tramite la scarsa sceneggiatura del film il suo personaggio risulta antipatico e definito esclusivamente attraverso i propri fluidi corporei. Il problema sta nel fatto che il libro e la storia, sulla sessualità di una giovane donna narrato da lei stessa, è stato adattato per il grande schermo da due uomini. Se la protagonista della storia è una donna, che parla delle sue esperienze, sarebbe appropriato e quasi scontato che sia una donna a raccontare la sua storia. Il film cerca di capire la biologia di una donna, e di sicuro solamente una donna può avere un accesso non “filtrato” e molto più obiettivo a proposito.
La fotografia pulita, i colori vivissimi e quasi finti vengono contrapposti a tutto lo sporco mostrato nel film. Il tono del film è inconsistente, a volte sembra una commedia, a volte il regista vorrebbe “shoccare” il pubblico, altre volte mostra immagini disgustose e fini a se stesse. Il messaggio, espresso più che palesemente, è: Se Helen ha dei problemi, è tutta colpa dei suoi genitori (in particolare sua madre). Traspare quindi una visione riduttiva e semplicistica della vita e dei personaggi da parte del regista. L’unico obiettivo del regista sembra quello di creare qualcosa di “scandaloso” o “controverso”, nel cercare di raggiungere queste facili ambizioni di basso livello, si dimentica completamente della storia, dei personaggi e che la cosa più importante è sempre cercare di comporre un buon film. Feuchtgebiete non è un pessimo film perché sfrutta e ritrae “temi caldi” o “tabù”, ma perché è un’opera sterile, superficiale e dimenticabile.