Chi non ha mai giocato al famoso Slender: The Eight Pages, titolo a metà tra una demo e una tech demo, in cui ci trovavamo in un’oscura foresta a caccia di otto pagine scarabocchiate? Quanti di voi non hanno sussultato di terrore mentre erano instancabilmente inseguiti dallo Slender man, il silente uomo alto che uccide? Beh, in Slender: The Arrival faremo più o meno la stessa cosa, ma…
Inquietante presenza
In The Arrival abbiamo una missione: investigare sulla scomparsa di una donna, Kate, la quale ha lasciato diversi criptici messaggi: pagine strappate, scritte sui muri, frecce e altre tracce. Nei 5 capitoli della storia ci troveremo quasi sempre al buio, alla ricerca di oggetti da raccogliere o da attivare, braccati dallo Slender e altri nemici tenebrosi, cercando di mettere assieme indizi e sussurri. Il titolo di Mark Hadley, così si chiama il game designer dietro The Eight Pages, cerca di espandersi al di là di quella semplice fuga a capicollo per dimostrare che in Slender c’è più profondità di quanta non sospettassimo. La nostra avventura inizia a casa di Kate dove troviamo i primi criptici disegni e dove sentiamo un urlo angosciato provenire dalla foresta. Brevissima tappa per afferrare l’unica arma che avremo a disposizione contro le tenebre, una torcia, ed eccoci a caccia di mostri. Il primo capitolo introduttivo ci porta alla scoperta dei dintorni della casa di Kate, cercando disperatamente la donna. Nulla di terrificante se non fosse per la costante presenza dello Slender man, che si staglia contro il cielo che si fa via via più scuro e minaccioso. Dopo la raccolta delle prime 8 pagine, come nell’originale, dovremo fare altre attività come ad esempio attivare dei generatori per far funzionare un ascensore. A volte avremo Sua Terrorisità Slender a inseguirci mentre in altri casi saremo inseguiti da un proxy, una sorta di succubo di Slender, il quale può essere rallentato puntandogli la torcia negli occhi. Niente da fare per il cattivo principale: l’unica soluzione è la fuga a gambe levate perché un incontro troppo da vicino significa morte certa. La trama in questo titolo non è proprio entusiasmante e sebbene abbia degli spunti interessanti ricopre un ruolo piuttosto in secondo piano. In effetti la vicenda viene portata avanti solo dai vari oggetti che troviamo in gioco, per altro tutti in inglese, senza altri elementi. Nessun puzzle o trabocchetto si metterà sulla nostra strada, perché tutto quello che dobbiamo fare è raccogliere/attivare oggetti. Tra l’altro tali elementi vengono posizionati ogni volta in una parte diversa della mappa, quindi non sapremo mai dove trovarli e mettendoci nell’impossibilità di usare soluzioni o walktrought online.
Fa paura?
Risposta veloce? No. Il primo Slender aveva il pregio di mettere addosso una certa apprension al giocatore, che si trovava solo ed inerme nella foresta. In The Arrival l’idea di base è la stessa e tutto è finalizzato a farci paura il più possibile. Il buio opprimente, rumori improvvisi, totale mancanza di armi offensive, case abbandonate e lugubri foreste. L’atmosfera è riuscita e riesce a mettere a disagio il giocatore, anche se The Arrival ha un po’ perso in fascino visto che non è più una novità come il primo. Mantenendo calma e sangue freddo è possibile finire il gioco in un’oretta e mezzo, ma se soccomberete allo stress e alla paura potreste ritrovarvi a girare a vuoto, impiegando più tempo. Graficamente è corretto, senza strafare o sbalordire. Alcuni elementi sono ben fatti, altri un po’ meno. Menzione negativa per la luce della torcia che non proietta ombre in tempo reale, cosa che avrebbe sicuramente enormemente beneficiato all’immedesimazione e all’ambientazione. In effetti la torcia, elemento cruciale del gameplay di questo gioco, è la cosa che delude di più. Audio adeguato all’ambientazione paurosa e testi solo in inglese completano il pacchetto di Slender: The Arrival. Un gioco da farsi in un pomeriggio se siete in cerca di qualche piccolo brivido. Un grazie a Xbox che ci ha dato il codice review!